I Tuareg discendono dalle popolazioni berbere preistoriche del mediterraneo, i Garamanti, e già al tempo dei Fenici e dei Romani, avevano un’avanzata organizzazione sociale, economica, artistica e religiosa.
I Garamanti, grande confederazione di nomadi-cacciatori-guerrieri, percorrevano le grandi vie che dal Mediterraneo attraverso il Sahara, allora verde, arrivavano ai grandi Regni Neri del Sud, nel Sahel. Erano i padroni del deserto e, alla fine del IXX secolo resistettero a lungo alla colonizzazione francese e alla costruzione di una ferrovia transahariana, che avrebbe danneggiato il commercio carovaniero e tutte le attività della regione.
Con la colonizzazione francese la regione del popolo Tuareg fu divisa in quanto furono tracciati i confini del Mali, dell’Algeria e del Niger. Inizia così la decadenza del popolo Tuareg dovuta alla distruzione del loro ordine sociale e della loro economia nomade.
Nonostante che in questi ultimi decenni le frontiere imposte dalla colonizzazione prima e dai nuovi stati poi, l’arabizzazione forzata e le vicende politiche abbiano causato massacri, deportazioni e sofferenze e causato una dispersione di questo popolo, i Tuareg hanno un forte senso di appartenenza ad un passato storico ed una forte identità socio-culturale.
Oggi i nomadi sono sempre meno e vivono in povertà a causa della crescente siccità e dell’impoverimento dei greggi. Molti sono migranti e molti sono andati a vivere nelle città.
La vita del deserto è dura, i nomadi si sono adattati in modo straordinario; l’acqua è rara come lo sono i pascoli nella difficile armonia che l’allevamento estensivo richiede. Ai giovani con i racconti intorno al fuoco, la sera, negli accampamenti, si insegna a sopportare la sofferenza, senza lamentarsi, piangere è un disonore, chiedere cibo e acqua una debolezza, ecco la scuola Tuareg, vi si impara a ribellarsi, mai a mendicare.
Presso i Tuareg vige il matriarcato.
La donna Tuareg, Targhia, occupa un posto centrale nella società: svolge lavori faticosi e gestisce gli accampamenti durante le lunghe assenze del marito partito in carovana. E’ depositaria della cultura attraverso la musica , la poesia e l’educazione orale dei figli. Contrariamente all’uomo non si copre il volto e in caso di divorzio è a lei che rimane la tenda e il proprio gregge.
La Targhia non è una donna sottomessa. Prima del matrimonio le bellissime “donne blu”, dal velo blu indaco che indossano e che colora di blu la loro pelle, godono di una grande libertà sessuale che trova il suo momento iniziatico nell’Agal, la corte d’amore, la festa medievale in cui i giovani si incontrano per cantare i Tindé, le canzoni d’amore, e scegliersi. Sul petto le donne portano amuleti d’argento, il colore della luna, piccoli triangoli che ricordano l’occhio di Horus e appese al collo le stupende croci di Agadéz, reminiscenza dell’egizio Hank, lo scettro crociforme segno di immortalità che il faraone tiene in mano.
Spesso suonano l’Imzad, il violino monocorde, e a chi beve con loro il tè alla menta nei piccoli bicchieri, non mancano quasi mai di regalare il gri gri, uno straordinario portafortuna da non abbandonare mai.
La donna ha un ruolo molto importante nella società dei Tuareg: trasmette l’eredità e ha la facoltà di chiedere il divorzio e di tenersi i figli.
Ha anche moltissimi compiti
· sapere scrivere
· tramandare oralmente antiche leggende
· educare le figlie alla vita quotidiana
· scegliere il posto dove accamparsi
· montare, smontare e caricare sul dromedario, cammello o cavallo la tenda
La vita della donna in questa società è particolarmente dura ed esse invecchiano precocemente. Il parto avviene a terra sulla sabbia, in una tenda apposita che ospiterà la donna e il suo bambino per i successivi quaranta giorni. Al momento della rottura delle acque, la donna stabilisce un legame con gli spiriti e i trapassati, grazie alle acque, che penetrano nella sabbia. Questo avviene precisamente quando nel cielo brillano le Pleiadi (le sorelle della notte) : la donna si stende su un tumulo e procede al rito del borbor , ascoltando le sottili vibrazioni che le arrivano da chi è sepolto li sotto da secoli. Riesce a prevedere il futuro e lo trasmette tramite un linguaggio tattile.
Durante il parto la donna è seguita da un’anziana , ma più di un terzo delle donne Tuareg muore dando alla luce il figlio. Il bambino che perde la madre viene subito accolto nella grande famiglia e cresciuto da un’altra donna che prenderà la parte della figura materna, ma sarà cresciuto con lo stesso amore che una mamma potrebbe dare.
Attualmente la donna Tuareg si deve confrontare, quasi ogni giorno, con i problemi indotti dalla mondializzazione, dalla precarietà delle condizioni di vita e dai cambiamenti socioculturali che ne derivano.
L’effetto congiunto dei fenomeni naturali (siccità) e di quelli umani (colonizzazioni) hanno modificato profondamente la struttura sociale, economica e politica dei Tuareg.
A livello economico, l’aumentata tendenza alla sedentarietà toglie alla donna il privilegio della proprietà dell’habitat e la siccità uccide gli animali che costituiscono il suo capitale economico. Le migrazioni forzate verso i centri urbani hanno comportato delle profonde perturbazioni sociali. Il rapporto uomo-donna è profondamente cambiato. Comportamenti contrari al codice e all’etica “Asshak” avvengono quotidianamente e la poligamia si fa più diffusa. La sedentarietà coatta spinge la donna tuareg in un ambiente spesso privo di qualsiasi mezzo di sussistenza. Spinta dalla necessità la Targhia si deve sottomettere a lavori ai quali non aveva mai partecipato. Di conseguenza, il suo ruolo socioculturale si è impoverito e la sua funzione di educatrice e consigliera è gravato dall’adempimento dei compiti quotidiani.
La trasmissione della cultura Tuareg, soprattutto per le bambine, a questo punto viene a mancare. Cosciente, della precarietà delle condizioni di vita nell’ambiente nomade, la donna Tuareg ha intrapreso azioni di sviluppo continuo in tutti i campi.
La continuità del progresso presuppone il rispetto della cultura locale, la protezione e la valorizzazione del patrimonio culturale delle popolazioni autoctone, l’autonomia locale nel campo della salute, della scuola, dell’alimentazione, della protezione delle risorse naturali e infine l’equità tra tutti. Il ruolo di educatrice della donna è rinforzato, oggi, dall’incitamento alla scolarizzazione nei confronti dei giovani.
Nel campo economico, la donna Tuareg, oltre al suo capitale di bestiame, intraprende attività che valorizzano le risorse culturali, creano nuovi guadagni e nuovi legami. E’ il caso dell’artigianato, una volta esercitato come passatempo, ora come lavoro; questa nuova occupazione è al momento molto apprezzata dalle comunità nazionali e internazionali ed è diventato il “biglietto da visita” del Niger.
L’artigiana Tuareg è specializzata nel cuoio e altri materiali oltre che nella preparazione di medicamenti tradizionali.
E’ grazie al coraggio di queste donne che la cultura Targhi continua ad esistere e ad essere tramandata di donna in donna.
Buona lettura!
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