“Ritorniamo in Marocco?” Siamo appena rientrati dal tour del Sud&Kasbah che ci ha fatto conoscere uno stupefacente Marocco e siamo pronti per programmare il prossimo viaggio in ottobre alla scoperta di Fes e della misteriosa città blu…
è arrivato quel momento e ancora non ci sembra vero!
Partiamo con comodo volo da Bergamo diretto alla scoperta di Fes, vista con un po’ di fretta in uno primo viaggio itinerante tra le maestose città imperiali del Marocco:
2 ore e 30′ minuti circa e dai 10 ° di Bergamo siamo catapultati nei favolosi 25° di una tiepida serata di Fes.
Nella parte settentrionale del Marocco, all’interno di una fertile valle a 350 metri sul livello del mare, si trova la città imperiale di Fes, vera roccaforte della cultura e dell’identità del Paese. Entrando a Fes sembra di aver fatto un tuffo nel passato e si respira un’aria medievale: ci si perde completamente fra paesaggi meravigliosi, suoni particolari, ricchi profumi e moltissimi colori.
Fez si divide in Città nuova o Fès el-Jedid, cioè la città imperiale costruita a partire dal 1200, dove si trovano la stazione, il Palazzo Reale e il quartiere ebraico, e la Città Vecchia, o Medina, chiamata Fès el-Bali, la più antica parte murata di Fes, un vero labirinto di stradine, con mercati di ogni tipo, dai tappeti agli oggetti in ottone, della ceramica ai tessuti e alla pelle, e dove le merci vengono ancora trasportate a dorso d’asino.
La città, fondata come capitale della dinastia Idrisid tra il 789 e il 808, è sede della più antica università del mondo e raggiunse il suo massimo splendore tra il 1200 e il 1300, quando tolse a Marrakech il ruolo di capitale.
La città è un gioiello architettonico, un museo a cielo aperto, e unisce edifici dal sapore ispanico con quelli tipici marocchini e quelli del quartiere arabo.
La medina di Fès è una delle più estese e meglio conservate città medievali del mondo, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
Un labirinto di 9.400 vicoli, protetto dalle antiche mura, dove si concentra l’eccellenza dell’artigianato tradizionale marocchino: le scenografiche concerie di Fès forniscono la materia prima per la metà del Paese.
Affacciati sulle vasche dei conciatori, ascoltiamo con curiosità le origini di questa attività secolare e le novità delle mode del momento: i colori tradizionali delle pantofole marocchine sono il bianco e lo zafferano per l’uomo e le tinte vivaci per le donne.
Incontriamo poi gli ultimi tessitori di broccato tradizionale Fassi: nel minuscolo laboratorio si continuano a tessere manualmente veri e propri capolavori di lana, seta, fili d’oro e d’argento. Nella piazza nota per la lavorazione dell’ottone, si concentrano gli artigiani del riciclo:
dal corno di montone, ad esempio, nascono i coltelli, pettini, fermagli e porta kajal.
Capitale gastronomica del Marocco, Fès è il luogo ideale per gustare il meglio della cucina tradizionale. Da non perdere il cous cous, la tajine, lo stufato di carne e verdure, l’harira, la zuppa di lenticchie speziata, e il m’choui, l’agnello arrosto.
Dormiamo per due notti in un Riad tradizionale, immersi nei suoni e negli odori della Medina di Fes: far colazione in terrazza ammirando il sole che sale, ascoltando il muezzin che chiama alla preghiera, percependo appena voci e risate che salgono da un complesso scolastico a vista d’occhio, rende quel primo momento del mattino magico e surreale… lasciando il gusto nostalgico del “ci tornerò presto” insieme al sapore forte di menta del te servito con gesti sapienti.
Dalla collina panoramica che ci svela la Medina, dove ci siamo persi continuamente per tutto il giorno, e da dove continuiamo a puntare gli indici su “qui eravamo stamattina”, come si dice di posti noti e familiari, scorgiamo in lontananza le montagne del Rif che dovremo affrontare per arrivare alla prossima tappa di questo breve viaggio.
Il terzo giorno si parte verso la pittoresca cittadina di Chefchaouen, nella regione montuosa del Marocco settentrionale.
La città fu per secoli considerata sacra ed era persino proibito l’ingresso agli stranieri. Solo negli Anni ’50 le cose sono cambiate, motivo per cui ora Chefchaouen si è rivelata al mondo ed è divenuta una meta turistica che pochi ancora conoscono.
E’ detta la città azzurra perché tutti gli edifici, le porte, le finestre, le fontane e le strade sono dipinte nelle diverse tonalità di azzurro. La medina, la città vecchia, è un dedalo di vicoli lunghi e stretti colorati di azzurro.
Il motivo è puramente religioso e non estetico: neanche la gente del posto sa bene perché la città sia azzurra. Oggi la teoria più accreditata è che il blu tiene lontani gli insetti.
Sui libri si dice che i muri li abbiano tinti gli ebrei scappati dall’Inquisizione spagnola, in onore del loro Dio e forse anche per ritrovare il mare perduto. Tra le tante vite di Chefchaouen c’è pure l’essere stata un bastione arabo del califfato Omayyde che da Damasco esportò l’Islam in Europa:
cittadina sacra, per secoli meta di silenziosi pellegrinaggi, sarebbe stata rifugio tra i monti anche per le migliaia di esuli andalusi che portarono in Marocco i loro usi e i loro costumi. C’è poi una terza storia, non ufficiale e non scritta, dei berberi autoctoni che nei secoli passati non hanno mai avuto voce:
spediti dagli arabi in Andalusia per la conquista e da lì salpati poi anche per le Americhe, dicono che i veri abitanti di Chefchaouen sono sempre stati loro.
E qualcosa negli abiti di lana a strisce colorate e nei grandi cappelli di paglia dei contadini berberi del Rif ricorda davvero i campesinos sud-americani.
Gran parte dei suoi abitanti ancora oggi parla spagnolo.
Il centro della città è la piazza di Outa-el-Hammam, dove si trovano una splendida fortezza e una moschea con la torre a base ottagonale.
Dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, a 600 metri sul livello del mare, Chefchaouen è animata da un spirito autentico e vivace ben lontano dal caos delle città imperiali. Ovunque, strade in salita dal tracciato irregolare, scalinate, giardini e bagliori d’azzurro.
Appena fuori da Chefchaouen si trova il Parco Nazionale di Talassemtane, istituito nel 2004, che insieme al Parco Bouhachem attraversa i Monti del Rif.
Il Parco di Talassemtane può essere visitato con escursioni giornaliere da Chefchaouen o trekking di più giorni.
Decidiamo di fare un salto prima di arrivare a Chefchaouen: dopo un ottimo pranzo con vista su monti e profonde vallate, prendiamo accordi con una guida per fare un percorso di circa 3 ore di cammino, che ci farà scoprire il Ponte di Dio a Achkour, arco roccioso che domina a 25 metri di altezza le acque del Oued Farda e piccole cascate.
E’ un trekking impegnativo, per cui siamo poco preparati e attrezzati ma saliamo e scendiamo, attraversiamo ponti discutibili e barcolliamo su rocce e piccoli strapiombi: il paesaggio è incredibile…un altro Marocco da scoprire e da amare!
Arriviamo a Chefchaouen in serata, e il Riad che ci accoglie continua ad alimentare il nostro stupore e la nostra fanciullesca meraviglia: un portone azzurro, incorniciato da rampicanti fucsia, si apre su un giardino illuminato e un sentiero pavimentato ci fa entrare in una piccola e accogliente reception.
Un veloce check-in ci introduce in camere piccole dall’ambiente familiare, dove il gusto andaluso è ovunque.
Ci diamo appuntamento in piscina e mentre oziamo e rispondiamo a qualche mail, ci rendiamo conto che abbiamo una vista incredibile sulla città blu: siamo pronti per una prima passeggiata notturna tra vicoli silenziosi e gatti sornioni che sembrano i veri padroni di questo posto…l’indomani mattina presto siamo di nuovo qui a fotografare, a cercare di fermare in uno scatto quel colore incredibile, a “ingurgitare” quanto più possibile di questa città che rimane nella mente e nel cuore di chi decide di entrare nell’anima del vero Marocco.
Buona lettura.
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